Realizzato per le stagioni invernali di Mascalucia e Siracusa, la commedia riscuote particolare successo per la capacità istrionica dei tre protagonisti che interpretano diversi personaggi cambiando repentinamente situazioni, atmosfera e caratterizzazioni.
Note di regia
Il protagonista di tutti i quadri di cui si compone la commedia è un giovane viveur, preda di una malinconica leggerezza e di un edonismo che lo spingono a concepire amore e vita come un’avventura. Una commedia in cui le relazioni tra le persone si rincorrono di scena in scena, in una struttura circolare che esprime anche -e soprattutto- il vuoto di un rincorrersi senza posa attraverso un linguaggio codificato in formule e giochi di parole privi di significato.
È una rappresentazione della decadenza della nostra epoca attraverso i suoi giochi sociali e l’assoluto vuoto delle relazioni personali, incarnato da quella che era la doppia morale tipica di Schnitzler.
È il testo stesso, dunque, che ci ha permesso di spaziare dal grottesco all’onirico, portando il tutto al massimo della semplicità (mai semplicistica) e della stilizzazione (mai solo stilistica), svelando sin da subito i mascheramenti drammaturgici.
Succede tutto la sera di San Valentino, in una città qualsiasi, in un quartiere qualsiasi, dove le vicende dei protagonisti si intrecciano con quelle dei passanti, della gente comune, degli avventori, dalle quali si colgono comunque frammenti di vita e d’amore.
Molto prima dell’avvento dei reality, erano insiti nell’uomo il desiderio e la voglia quasi morbosa di spiare, dal buco della serratura, le vite altrui, ancor di più se si tratta di storie d’amore; è per questo che è nata in noi, quasi naturalmente, la scelta di coccolare, circondare- e quasi invadere- lo spettatore, il quale, oltre che partecipe, diventa il raffinato voyeur (suo malgrado?) di quella che abbiamo voluto definire una commedia “surreale, ma non troppo”.